A.C. 771-A
Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, ancora una volta, in poco più di 100 giorni, il Governo Meloni utilizza lo strumento straordinario - così lo definisce la nostra Carta costituzionale, all'articolo 77 - della decretazione d'urgenza. In questo inizio di legislatura, infatti, è stato utilizzato con una disinvoltura tale da renderlo più che ordinario. Non solo, viene posta la fiducia per l'ennesima volta, in questi mesi, proprio su una legge di conversione. È evidente, quindi, che la scelta del Governo sotto questo profilo stride con il dettato costituzionale. Ci siamo chiesti allora quali siano le ragioni che hanno spinto il Governo a ricorrere così spesso ad entrambi gli strumenti, decreto-legge, da un lato, e fiducia, dall'altro. A nostro giudizio, la risposta è nella paura, la paura del confronto con le opposizioni, naturale inclinazione a sfuggire ai percorsi partecipativi plurali e democratici. L'auspicio, signor Presidente, è che i procedimenti di formazione delle leggi siano coerenti con le reali esigenze ed emergenze della società, senza perpetrare abusi. Per intenderci, basta con la fiducia posta settimanalmente.
Quando ci è giunta la notizia che il Governo stava normando la materia dei carburanti, ci aspettavamo, noi come del resto gran parte del Paese, che il centrodestra desse seguito alle promesse fatte in campagna elettorale, in particolare riguardo al taglio delle accise e dell'IVA. Così recitava, infatti, il programma del Governo Meloni e così la stessa Presidente Meloni, l'11 settembre in Piazza Duomo, a Milano, ribadiva la necessità di un taglio alle accise e all'IVA, promessa elettorale ribadita, con apposito video, in campagna elettorale, proprio negli ultimi giorni. Del resto, quello delle accise è un tema caldo poiché, come sappiamo, incidono per il 40 per cento e l'Italia è seconda, in Europa, solo ai Paesi scandinavi e alla Grecia. Abbiamo assistito, invece, a discapito delle promesse elettorali, a una clamorosa marcia indietro, con una norma che, addirittura, non proroga neanche lo sconto sui carburanti che lo stesso Governo Meloni, peraltro, aveva prorogato, seppure in maniera ridotta, fino al dicembre 2022. Insomma, è successo quello che sta accadendo a proposito del superbonus, riguardo al quale le promesse della campagna elettorale stanno facendo un improvviso dietrofront, a seguito di quello che è accaduto la scorsa settimana in Consiglio dei Ministri, con un netto disconoscimento dell'impegno a proposito della cessione dei crediti e dello sconto in fattura.
Vi è quindi un'evidente distonia tra quello che si dice e quello che si fa e quando succede in politica, così come nella vita, Presidente, si perde di credibilità. Non siete più credibili e, quando, come nel caso del taglio delle accise e dell'IVA, viene inserita una previsione esplicita nel programma elettorale pubblicato e messo a disposizione dei cittadini e poi si fa l'esatto opposto, quest'azione ha solo un nome: tradimento. Avete tradito la fiducia degli italiani che avevano confidato in una parte decisiva del programma elettorale, avete utilizzato un metodo antico e malato di costruzione del consenso: la promessa per poi illudere l'elettorato, la promessa sistematicamente non mantenuta. Ancora, quando nel corso dell'esame della legge di conversione alcune forze di maggioranza hanno ostentato - mi riferisco ai colleghi di Forza Italia - perplessità su alcune parti del programma, come, in particolare, il cartello con i prezzi medi, perplessità non private ma pubbliche, manifestate anche con comunicati stampa chiari e netti, il Governo ha annunciato l'intendimento di porre la fiducia, in modo da far rigare dritto immediatamente gli alleati.
Nel merito del testo abbiamo espresso tutte le perplessità in Commissione trasporti, in particolare sui tagli al bonus trasporti. Si tratta di un taglio incomprensibile, di oltre il 30 per cento rispetto all'ultima previsione della scorsa finanziaria, di una misura che era arrivata col Governo Draghi anche a 190 milioni e che ora è soltanto di 100 milioni, con una riduzione consistente anche della platea dei beneficiari, che passa da coloro che hanno redditi fino a 35.000 euro a coloro che hanno redditi soltanto fino a 20.000 euro. Quindi, i beneficiari vengono sostanzialmente dimezzati nel Paese. Sono stati bocciati tutti gli emendamenti delle opposizioni, compresi quelli che costituivano una sorta di somma algebrica e che facevano seguito a ragionamenti di buonsenso, come quello dell'abbonamento annuale fino a 150 euro, quando ci sono abbonamenti trimestrali che valgono 60 euro.
Se, da un lato, queste sono le scelte del Governo Meloni, dall'altro c'è l'Europa che va in tutt'altra direzione. La Spagna, da settembre, garantisce la possibilità dei treni gratuiti per tutti i cittadini e alcuni Paesi europei, come la Danimarca, l'Estonia, Malta, Lussemburgo e tanti altri dal primo ottobre garantiscono la possibilità di avere trasporti pubblici gratuiti. Quindi, l'Italia e il Governo italiano si pongono in netta contraddizione rispetto all'atteggiamento dei Governi europei per affrontare il tema così difficile del costo dei trasporti, proprio nel tempo in cui l'inflazione fa sentire sempre più forte la sua morsa.
Non solo. Si ha l'impressione che sia in atto una vera e propria demonizzazione dell'avversario politico. L'atteggiamento con cui vengono stravolti, modificati e cancellati provvedimenti del precedente Governo, nel quale una parte dell'attuale maggioranza aveva pesi e posti di rilievo, deve far pensare.
Quello che sarebbe dovuto essere il provvedimento con cui si tagliavano le accise è diventato il testo con cui non si vorrebbe prorogare neanche lo sconto sui carburanti e una misura popolare e apprezzatissima come il bonus trasporti viene sostanzialmente dimezzata. Tuttavia, la cosa che fa più male è che a pagare gli errori del Governo sono le fasce più deboli della popolazione, i meno abbienti, perché sono tagli orizzontali che colpiscono tutti, nel momento in cui il costo della vita, l'inflazione e il caro bollette sono ancora presentissimi nel Paese. Servono uno Stato e un Governo nazionale che dicano che lo Stato c'è, che tendano la mano a chi sta peggio, che tendano la mano agli ultimi, ai più deboli, impegnati per lenire le diseguaglianze e garantire i servizi pubblici essenziali, come il trasporto pubblico, a tutti i cittadini. Invece, si fa l'esatto opposto, con un testo iniquo e dannoso, e il Partito Democratico voterà contro la questione di fiducia che è stata posta e che sarà al voto di quest'Aula tra qualche minuto.